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NATEN E MIR

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Una solitudine perforante, come se il mio cuore fosse all’interno di una stanza piccolissima con pareti di carne umida e calda.

Una sensazione di mancamento, difficoltà alle vie respiratorie.
Mille fotografie scattate durante mille viaggi seduto scomodamente sulla mia sedia.
A fissare da lontano, sempre, la Luna e tutte le sue fasi.
Quanti errori.
Quante domande cavalcano verso i miei occhi spenti per la stanchezza e il fumo azzurro delle mie sigarette.
Mille soli che bruciano le mie retini.
Le domande senza risposte, come archi tesi scevri di frecce.
Come mille frustate salate sulla mia schiena nuda.
Tutti i miei enormi difetti che mi fissano concupiti dal loro lavoro di giusta demolizione.
La solitudine in terra e in cielo solo un dubbio.
Ma le foglie cadono, crescono e marciscono sorridendo che io ne sia convinto o no.
Che io sia soddisfatto di me, o che abbia il morale sotto le suole.
Martin e tutte le sue costruzioni.
Martin e tutta la sua voglia repressa di urlare.
Martin e il desiderio di un seno caldo, sempre lo stesso guanciale per anni.
Una mano che mi accompagni fino alla fine di questa pazza corsa.
Tutte le mie fantasie, scaraventate in basso dalla stessa consapevolezza della vita.
Ho come bisogno di vivere per qualcuno, aiutarlo a crescere e non farlo morire come io muoio anche se rido e sparo frasi che raramente smuovono un pietoso consenso di denti e di occhi luminosi.
Mi sento così inutile, sapete?
Proprio la più totale e fredda inutilità.
Mi spolpo e mi sbudello ogni singolo giorno in una comunità di minori, eppure vedo i miei sforzi essere vani.
Martin, me lo ripeto sempre, sarai sempre Martin.
E non puoi essere di alcun aiuto a nessuno.
E mi prendo sempre le mie responsabilità, con le ragazze e con gli educatori.
E poi alla fine mi sembra davvero di non risolvere nulla.
Sempre incatenato in me stesso, da me stesso.

E commetto sempre errori, di continuo.
Vi auguro di non venire mai a conoscermi nemmeno per sbaglio.

Poi mi manca quella ragazza della biblioteca.
Tanto.
Come mi mancano dei suoi pensieri, la conoscenza di essi rivolti a me.
L’ignoranza del motivo che l’ ha allontanata da me, mi strugge.
Un’altra.
Dopo un’altra                        dopo un’altra.

Proprio adesso…

E intanto il mio rispetto continua a inginocchiarsi verso lei.
Vedete io non pretendo mai nulla.
Forse è questo il mio peggior difetto.
Nemmeno l’affetto non lo do per scontato.
Un giorno morirò.
Non mi interessa, francamente.

Fumo come un disperato, e questo ne sono certo mi ucciderà.

Dai basta andatevene.

Tutti.

Tutti…

Voglio rimanere da solo, nel mio castello in rovina, con i miei specchi rotti e deformanti incastonati sotto le pupille.
Così che nulla mi sfugga, no?

Andatevene nella vostra vita normale.

Gioite per le vostre bellezze.
Io godo del mio stesso vomito.

 Naten e mir
 

Martin
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Martin (Andrea Franzino)

"Per cadere, basta una spinta.
Per volare, ci vuole perseveranza." 

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