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CONFESSIONI D'UN POVERO PAZZO

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Quelle spaventevoli pulsioni al profumo di tabacco e menta.
Innumerevoli secondi, fecondi di sì tanto piacere.
Le mie dita ignobilmente gelose [ di un giallo intenso ] per quello che la mia mente poteva (gioiosamente lùbrica) toccare, sfiorare penetrare [GAUDIO!].
Ah.. mia adorata.
Ah, mia pubescente finzione.
Mia adulta ninfetta, in quegli occhi in quei capelli ritratto in acquarello di tutto un pensiero di mille e più artisti.
Quel suo seno che mi ha indotto tanta sofferenza, nel non poterlo toccare, sempre.
Quel modo di ballare nell’aria, da fiore a fiore.
Intontendo gli sguardi di chiunque.
Annacquando le speranze.
Tutte quelle parole versate su di lei.
Quella mia indecente audacia.
Quella voglia morbosa [morbosa, morbosa, morbosa!] di toccarla, sempre.
Tutte queste cose che cominciarono per caso.
Non esiste il caso, amici e lettori.
Esiste solo il destino e le scelte.
Il destino che ci vide per “sbaglio”, incontrarci, in una stanza buia, affollata, ma noi ci trovammo ugualmente.
Io timido, timido come pochi, la trovai.
E quanto desidererei ancora fosse mia.
Mia, come non lo è mai stata.
Come nessuna persona può veramente essere.
La sacrilega perfezione di quel corpo, e tutte le pene, le colpe, i peccati che esso mi obbligano sempre a commettere.
Sempre in ogni mio “pre-sogno”.
Capite cosa intendo?
Quell’arte di cui la sua essenza s’è modellata, non giunonica chiaramente, sarebbe l’unica cosa che tutti capirebbero, e l’unica cosa che li attrarrebbe.

Ma non io.

Io pazzo.

Io malato.

Solo poche persone la adorerebbero [ parola che manca di enfasi e sostanza, ma l’unica che mi sovviene adesso ].
Nabokov, Adrian Lyne, loro di sicuro capirebbero.
Di sicuro.
Io un Humbert un po’ più giovane e ignorante, lei una Dolores più anziana e acculturata.
Miei pensieri promiscui.
Sua entità.
Lei sogno di ogni mio coevo.
Lei, stridente, infuocato Purgatorio.
Vederla, sentirla [meglio] dimenare sotto il tuo petto come un unico nervo, come una anguilla morente fuori del suo fluido.
E le scariche che ti trasmette.
Morbida conchiglia calda, su cui far giostrare delle dita senza mente.
Le note di sottofondo di “Piece of my heart” ovviamente di una Janis Joplin suicida.
Quale altra se no?
Tutti quei “monumenti” disperatamente sparsi nella mia mente.
Questa ridda di simboli mnestici [Oh aiuto Freud].
Io madido del suo sudore.
Quando profanai la sua casetta fedifraga, lei sul suo letto unto di fragole e pesche, io di fianco
[-batteria, rulla RULLA!-], lei.
Lei soffice, pigia sul mio corpo il suo.
Io, calcolatore, che le chiedo di togliersi il reggiseno, lei che teneramente mi asseconda.
Poi io in piedi, vestiti, lei con le gambe incrociate e ancorate al mio bacino, lei curva sulla schiena, mani appoggiate al suolo.
Quel gonfiore intravisto di nascosto sotto la maglietta, in quella posa in cui un seno da tutto il suo splendore.
Tutta la sua austerità.
[ Oh mio languido sangue, calma! Non imperversare, non essere così burrascoso! ]
Lei in un cinema deserto.
Lei che si stira su di te, dio, solo un pazzo capisce quello che ho provato.
Solo un pazzo non potrebbe non soffermarsi su questi particolari.
Quell’ombelico, in cui la mia lingua vorrebbe spegnersi, scavandolo.[…]
Quel candore della sua pelle, tirata su di lei.
Mio Senno non correre, te ne prego.( ma Ragione mia, sella i cavalli..)
Quella lingua più soffice della seta bagnata, tiepidamente appoggiata sul mio lobo, infiamma il mio fiato, quei momenti non li posso di certo spazzare via, non trovate?
Quei meriggi sotto l’autunno miracoloso e perfetto [Vivaldi suona, te ne sono grato] passati a parlare di così tante cose, a sentirla inalberata per chissà quale maschio, o innamorata di chissà quanti poeti o musici.
L’arte [ logico ] la nutre e se ne nutre.
Se la Passione potesse dar fiato ai suoi stessi polmoni direbbe solo il suo nome.
Rapito, non è vero?
Completamente legato a quel mondo suo, sconosciuto.
Quel mondo che lo sarà per sempre.
Non voglio morire dentro quello stomaco così perfetto.
Se avete idea, realmente capito cosa significa il termine “Ninfetta” ne converrete di sicuro con me.
Non perché lei sia perfida più di tanto.
Ma perché quel termine non è nulla senza un qualcuno che ne muore.
E io ho il terrore di dipartire completamente per lei.
Se avete capito cosa vuol dire, allora non potrete non essere d’accordo con quello testé detto.
Di sicuro no.
E allora cerco, cieco, di trovare la forza per non sottomettermi alle mie voluttuose passioni.
Passioni su cui v’è ricamato il suo nome, ad arte, con pizzi e merletti, su cotone soffice, profumato.

 Sì, sto fissando una Calla.
Bianco fiore.
Giallo il pistillo.
Profumo vaporoso tutto intorno, sulle dita mie se la toccano.
In alto una Luna Rossa.
La Notte tutta intorno.

Odore e sapore di Fiume che si libra nell’aria, volteggiando come note di violino.
De, De, De, De, De, De, De, De, De, De, De, De, De, De, De, De. Ripeti finché la pagina è piena, tipografo.
[ Scusa la citazione V.N., ma era troppo significativa….]

 “De” non è il suo nome, l’avrete capito.
L’ ho inventato, adesso.
Il suo nome è “Mariposa”.
Non ci credete vero?
Io si.
E adesso lasciate che vi legga qualcosa che le ho scritto ma che non le ho mai dato.
Le avevo giurato che glielo avrei spedito per posta.
Ma poi ho deciso di dimenticarmene.
S’ intitola “ Il Foglietto Verde “
Dovreste vederlo per capirlo.

Quel sapore di salsedine e Sole nelle mie dita.
--anche se non sei che nei miei ricordi nella mia fantasia--
quei capelli, rami morbidi, fluenti sogni mossi da Vento
di passione, perfetta cornice del tuo volto, completa insieme
al silenzio che circumnaviga il tuo corpo.

Quel tuo seno, tanto piccolo da essere da te quasi disprezzato,
e che per me è la valle più alta su cui vorrei erigermi e poi,
dopo averla scalata, urlare alle nuvole.

Quel fertile terreno ricoperto di latte e miele disteso sopra di esso
Con sapori e profumi di terre lontane.
Quel tuo insieme che ricorda infanzie perdute, quel tuo essere unità e due.

Quel sapore, tocco di sbagliato, di non possibile, quasi rubato..
Quelle labbra che non conoscono il volto delle mie labbra.
Quel gentile erotismo, quel desiderio di succhiarti, quella brama
Muscolare di sentirti come confine tutto della mia pelle.

Quel qualcosa che non riesco a leggere dentro quel sole che esterni.
Quella ferita che sento, magari sbagliando, che porti nelle mani chiuse
al petto, come perla preziosa.

Quel bisogno quasi di mondarsi dentro di te, dentro quel caldo.
Quel bisogno, mio, di lasciare una impronta nella sabbia del tuo cammino.
Quei tuoi occhi, punto di partenza di tutto il sogno di cui la tua anima
s’è vestita, così limpidi, sicuri, a volte incerti.
La tua intelligenza, cultura.

Tutto questo prima, o poi svanirà-
Le farfalle volano lontane… sempre.
Una la vedo posarsi su di te, sul tuo polso, perfetta e per sempre.
Tatuaggio, segno indistinto.

Marchio silenzioso e azzurro dei miei occhi di uomo stanco, incerto.
Tutto diventa stupido, volgare nel parlare, ma scrivere di te è così
bello.

Quell’occhio che ti regalai tanto tempo fa, sempre ti osserverà, mia dolce,
tenera, concupiscente realtà fantastica.

Buona notte.
E che le stelle esplodano per ricoprirti di polvere di sogni,
per la tua notte.

Eccomi.
Spogliato di un altro momento.
Spogliato, le mie confessioni fatte solo per me.
Come la confessione mai riposta nella sua verità [ ASSOLUTAMENTE! ] di vederla sulla mia scrivania, inginocchiata, volto basso, capo alla parete, desnuda con coda all’insù mentre mostra e liscia la sua setosa intimità.
E io dirimpetto, seduto che con gli occhi gonfi, traboccanti, che giustifico il tutto alla mia carne mungendo con le mie manine magre.
[ Ringraziamo Frank Sinatra per la mistica performance di “My Way”, stupendo come sempre, Frankie! ]
Solo io posso indovinare la persona e il momento, nessun altro, forse lei, mon colibrì, mon cher.
Questo mio cuore coercibile.
Mantenuto coeso con la patina della mia anima da non so quale forza.
Tutte queste tempeste di petali e natura, che nascono da semi di verità.
Questa voglia di mantenere per sempre queste incertezze amorose.
Queste vesciche libidinose.
Non perderle in alti solai dentro la psiche.
Non farli diventare polverosi, e accostarli a nuovi scatoloni.
Altre persone.
Altre donne.
Ma ogni momento è a sé stante, e deve essere così.
Queste stelle che io invento per voi lettori, per divertirvi.
Per farvi apprezzare maggiormente qualcosa che avete, tra le vostre dita.
Lei ora ha sposato un’altra causa, e io mi ritrovo rilegato in un altro libro.
Ricoperto da “anche lei”, in un modo così soave.
Giovani Cherubini, sono seduti con me in un tavolo rotondo, fumano sigarette di marijuana (confezionate da loro stessi), trincano “Whisky ‘n’ Soda” o “Mexico Tinto”, ali piegate dietro la schiena, tatuaggi di tempi passati ben esposti su braccia vetuste, e giocando con me a Poker, si sogna Las Vegas.
Parlando di queste “amenità” da poeti e di freschi incesti.
E si scommette della grossa a questo tavolo.
Ci sono anche alcuni diavoli cornuti, ma loro non li facciamo giocare, sono troppo ingenui.
Noi giochiamo duro.
Mentre Elfi e Fate, Satiri e Driadi si accoppiano su dei divani consunti di vecchi e luridi motel su strade desertiche, infinite.
Nel substrato stesso della vita.
Sapete, tra la birra la coca e il senso di questa vita che tutto ci divora.
Lerci di quelle passioni che tanto c’ ingraziano a Dio.
Lui da laggiù che guarda tutti, e si diverte, lo si sente a volte ridere.
Ridere di Noi.   [ AMEN ]
Una Luna buttata dentro un fiume di città.
Suicidatasi perché troppo bella, troppo amata, ma non capita.
Da nessuno, neanche [ Mio eterno rammarico ] da me.
Giace sul fondo del mio bicchiere, insieme a questa giornata quasi estiva.
Lo so, non so scrivere, non riesco a darvi l’importanza di quei momenti, neanche se mi ci applicassi con tutto il mio cranio.
Non ci riesco, riesco solo a sputarvi una fotografia, seppiata, e a descriverla a voi come meglio mi riesce.
Spero che abbiate capito qualcosa. Sognato qualcosa.

Miei pazienti lettori.
Miei adorati ascoltatori, fuggite da chi non vi ama, amate chi vi vuole per quello che siete, non per quello che dimostrate.
Fatelo anche per me, lenite le mie insicure certezze.
Tacciate il mio cinico senso di questa pudica vita.

 Martin
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Per volare, ci vuole perseveranza." 

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