Nella continuità, sterile, della vita
ci sono momenti in cui le parole,
che altrimenti sarebbero vuote,
diventano.
 
Nel momento in cui le senti, le vedi, le leggi.
Quando le conosci già,
ma capirlo.
 
Esse si gettano, risolvendosi in strali minuti e precisi, verso gli occhi miei.
E fanno breccia con rumore di vetro che si crepa verso l'interno.
Sordo,                              rapido,                              breve.

Non doloroso.
Inevitabile.
 
Le parole sono solo contenitori.
E' quello con cui le si riempie che le rende vive.
E siamo noi che le afferriamo e che le interpretiamo.
Noi diamo un significato alle infinite frasi da loro composte.
 
C'è troppo vento adesso
per tenere aperte le finestre.
E io sono nudo, bagnato.
Ed è quello che ho voluto.
 
E, no, non sono deluso.
Non ci sei mai riuscita.
Non te l'ho mai, de facto, permesso.

E, sì, lo so.
E le sai le risposte a tutte le tue domande.
E tutto così maledettamente giusto, lapalissiano.

Amare non è una scelta.
Amare, alle volte, è un libro che non finisci
e riponi delicatamente nella libreria.
Che non butti, strappi o dai via.

Il resto, è solo una canzone jazz della Winehouse
che incalza nella mia testa da ore, da giorni.
 
Io.