La mia protervia immotivata.
Il mio fegato langue.
Il mio cuore si strugge vuoto e nero.
La mia milza, impazza e pulsa melanconia come mai.
Io chi sono ?
Quale demone ammorbante..
Quale figlio di Dio, morente Lui ed io.
Questa diatriba tra la vita e la morte.
Un diallèlo da cui non vi s’esce se non dipartendo.
Questa dicotomia di pensiero e di fatti.
Io non sono un insolvente, nemmeno nei miei confronti.
Pago sempre i miei debiti, soprattutto se d’onore.
Già….l’onore…
Io chi sono?
Che cosa sono diventato in questi anni.
Quale orfano, di quale divina protezione?
La volontà esistere non può entro questi confini inani di carne smossa dal soffio dell’Est.
Mi nutro della vita degli altri.
Mi sfamo con la gioia e con il tristore di vite vissute.
Osservo tutto oltre il mio visore.
Una maschera per tutti, una maschera per tutto, basta che nessuno soffra.
Tranne che io.
Dove sono il Nord, il Sud, l’Est e L’Ovest ?
Oramai non capisco nemmeno più dove mi trovo.
Sussisto in questo punto di non Luce.
Ogni secondo di fecondo piacere, equivale a terrorizzanti secoli d’oscuro dolore.
Eppure… la mia lingua ben sa come muoversi.
Io giaccio ai piedi di un Albero maestoso.
Luce che filtra dalle sue fronde.
Acqua cianica che scorre tra le sue possenti radici.
Linfa che gioca con la mia lingua dalla sua inamovibile corteccia….io l’inappetente di codesto cibo.
Io, pesante come una foglia…
Il vento come morte su tutto.
Innamorato e Odiato Eolo..
Ed io che t’aspetto, eppur ne provo paura.
Come si può accettarsi quando s’è ciechi ?
Come ci si può toccare con piacere quando s’è monchi?
Io scrivo, e sigillo tutto con ceralacca rossa e timbri d’avorio pregiato…
Così indistruttibili per tutti.
La vita non la puoi descrivere, non sperare.
O v’è, oppure non si può continuare.
Io immortale nel mio ricordo, io morente nella mia carne.
Io impaurito da ogni cosa, ogni cosa sfuggo.
Ogni dove inseguo…
I miei occhi null’altro hanno visto se non creta e finzioni.
L’amore, tanto sperato..
Porta obblighi, decisioni, consenso, maturità.
E io son solo un pusillanime idiota, noncurante, irresponsabile e bieco stupratore della vita.
Altrui…
Giocare con un gimnoto nel suo ambiente, irresponsabile dilettante.
Io, nella vastità della mia solitudine, guardo il mio fortilizio, lasciato decadente.
Non oso sollevare il drappo da quel quadro…
Omicidio, suicidio, corruzione a lui nella tela, e patibolo per me.
Io chi sono ?
Quale empio amante..
Quale bolso equino..
Quale incacatore di un disgrato sé stesso.
Non son altro che un pivetto che si crede Dio.
Sono ogni giorno un superstite di me stesso.
Sono ogni giorno più feccia.
Ogni giorno più cieco.
Un ottenebrato panorama mi si spiega davanti.
Io piccolo uomo scaraventato e schiacciato dal peso dei colori delle Stagioni.
La mia Luna fissa nel cielo non mi rivolge più uno sguardo.
Eppure alcuni mi festeggiano.
Io chi sono ?
Quale sbaglio ho commesso in questa vita..
Perché tutto dev’essere così difficile.
Voglio solo non disturbare nessuno.
Voglio solo sentirla.
Voglio solo sapere come sta.
Voglio solo non essere solo a struggermi nell’ignoranza.
Vivo di metafore e pseudonimi, per coprire, per nascondermi dietro ogni pretesto.
Ho una scusante per tutto.
Persino per il motivo delle mie non lacrime.
Io aborro il mio pensiero.
Il calore del mio corpo mi disgusta.
Il mio Angelo, araldo, mi luma da vicino, e col suo ferro in mano, sorride.
I miei passati mi richiamano.
Urlano da dentro le loro nicchie in me.
Io chi sono ?
Un nichilista, un sadico predicatore.
Un malato amico.
Io ho paura del buio, perché non capisco cosa ci si nasconda.
Crescere…..
Con l’amore di una famiglia.
Con il sapore di ogni anno, e di ogni momento.
Le insicurezze che diventano il proprio credo.
E poi lasciarsi andare al tepore del Sonno.
Un sonno agitato che si protrae nei giorni…
Sognando Atropo che tronca il mio di stame…
Mille volte una Buona notte, O mio regno.
Morfeo ora chiudi il sipario su anche questa giornata, diventata oramai passato…
Le mie silfidi giovani verranno a ridere e a stuzzicarvi a baciarvi e a lisciarvi per tutta la vita che vorrete…
Il mio principio immateriale prima o poi volerà alto, senza più catene, senza più tutta questa morte.
Questo mio chirografo, non firmato, vi stia come uno dei miei tanti lasciti di vita.
A voi tutti, m’ inchino.
Martin